Dalla simbiosi di batteri e funghi nasce la bio-fabbrica
Si chiama BioFaber ed è una start up italiana nata con l’obiettivo di ricercare prodotti derivanti da cellulosa…
26/03/2020
26/03/2020
Bende curative, pelle per oggetti di design e idrogel, il tutto ottenuto dalla simbiosi di batteri e funghi. E’ il progetto di BioFaber. Nata nel 2015 in Salento, la capacità di questa azienda è quella di generare un biopolimero nanostrutturato ottenuto dalla simbiosi di batteri e funghi, attraverso un processo produttivo che avviene in coltura acquosa arricchita di zuccheri di scarti alimentari.
Una soluzione complessa, nata e sviluppata in laboratorio, mirata a intervenire sulla produzione degli scarti e dei sottoprodotti dell’industria della trasformazione agro-alimentare. Le applicazioni svariano in molti settori, partendo da scarti dell’industria agroalimentare, fino ad arrivare al settore fashion, design, arredamento, biomedicale e cosmetico. La cellulosa è ottenuta da un intreccio tridimensionale di fibre nanometriche che la rende adatta a diversi utilizzi: da quelle più esigenti del biomedicale a quelle più performanti del design.
I prodotti, altamente sostenibili, rinnovabili e innovativi, hanno portato BioFaber a vincere la Start cup Puglia 2014, per la sessione industrial, con il progetto “Green Skin”, una eco-pelle naturale prodotta da cellulosa batterica attraverso un processo produttivo bio-ispirato ed ecofriendly.
“Il nostro impegno è indagare l’utilizzo degli scarti della filiera agroalimentare del territorio, in un’ottica di utilizzo circolare delle risorse, come nutriente nelle colture per la produzione di cellulosa batterica” ha dichiarato Mariangela Stoppa, co-fondatrice, PhD ed eco-designer. “Uno dei primi obiettivi è quello di rivalutare l’identità del territorio e la sua biodiversità. La sostenibilità deriva soprattutto da come e in che misura riusciamo a valorizzare le risorse materiali ed immateriali del territorio”.
Il sistema di BioFaber consiste in un trattamento che modifica le proprietà della cellulosa da superidrofilica a idrofobica. Il modello produttivo del biopolimero nanostrutturato è quello di una bio-fabbrica, con i microorganismi capaci di trasformarsi in fabbriche in miniatura in grado di auto-assemblare il polimero utilizzando una bassa intensità di energia e materia e un alto potenziale rigenerativo. Niente male, pertanto, per i malvisti batteri.
Source: LaStampa.it – Foto: biofaber.com