Cos’è l’impronta ecologica, come si calcola e come ridurla
L’impronta ecologica è un indicatore di sostenibilità sviluppato negli anni ’90, utilizzato per misurare la quantità di risorse…

11/12/2025L’impronta ecologica è un indicatore di sostenibilità sviluppato negli anni ’90, utilizzato per misurare la quantità di risorse naturali necessarie all’uomo per le sue attività, rispetto a quella che è la reale e naturale capacità della Terra di produrle.
Il rapporto tra necessità umane e produzione naturale risulta ormai sbilanciato da decenni. È per questo che è diventato sempre più importante cercare di capire come ridurre l’impronta ecologica e riportare l’ecosistema a un equilibrio sano e sostenibile.
Indice
Impronta ecologica: cos’è
Il concetto di impronta ecologica viene presentato per la prima volta nel 1996 dall’ecologista William Rees e dal suo allievo Mathis Wackernagel all’interno di una pubblicazione intitolata “Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth”.
Si trattò di un punto di svolta per l’ecologia a livello globale. Tanto che nel 2003 lo stesso Wackernagel fondò, insieme ad altri collaboratori, l’organizzazione Global Footprint Network, che ancora oggi si occupa di misurare l’impronta ecologica del mondo e di offrire informazioni e strumenti per ridurla.
Grazie all’introduzione del concetto di impronta ecologica (in inglese, ecological footprint) abbiamo modo di capire qual è il fabbisogno di risorse naturali necessarie per le attività umane e di quanto esso è superiore rispetto alla capacità del pianeta di rigenerarle.
In altre parole, l’impronta ecologica misura quante risorse naturali consumiamo rispetto a quelle che la Terra ha prodotto. L’impronta ecologica si misura in ettari globali (gha), perché per calcolarla si mette in relazione la quantità di un determinato bene consumato con una costante, espressa in kg per ettaro (kg/ha).
Impronta ecologica e carbonica: differenze
L’impronta ecologica e impronta carbonica NON sono la stessa cosa. I due indicatori non devono essere confusi tra loro: benché simili, misurano due aspetti differenti.
L’impronta ecologica indica il quantitativo di risorse necessarie per sostenere la nostra vita quotidiana e le nostre abitudini, spesso tutt’altro che rispettose dell’ambiente. L’impronta carbonica (o carbon footprint) invece misura esclusivamente la quantità di CO2 emessa nell’atmosfera a causa delle attività umane, su un piano generale o anche specifico (un’industria in particolare, un’azienda specifica, ecc.).
La portata dell’impronta carbonica è, quindi, più limitata rispetto a quella ecologica, sebbene sia ugualmente utile per capire l’impatto negativo che una determinata azione ha sull’ambiente.
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Calcolare l’impronta ecologica
Dopo aver capito cos’è l’impronta ecologica, vediamo come la si può calcolare. Si tratta di un processo complesso, che si può applicare anche a individui o nuclei familiari ma che trova una sua utilità soprattutto in relazione a comunità, organizzazioni, aziende o settori industriali o commerciali.
Il calcolo tiene conto di numerosi fattori, tra cui sei categorie principali di territorio:
- terreno necessario per assorbire la CO2 prodotta dai combustibili fossili – energia;
- terreno necessario per la produzione di beni alimentari e di altro tipo – agricoltura;
- terreno necessario per il bestiame – allevamento;
- terreno destinato alla produzione di legname;
- terreno destinato a insediamenti urbani, aree industriali, vie di comunicazione;
- superficie marina dedicata ad attività di pesca;
Queste categorie di spazio vengono ridotte a una misura comune per individuare l’area equivalente necessaria a produrre la quantità di biomassa usata dalla comunità, azienda, popolazione presa in esame, misurata in ettari globali (gha).
Le metodologie di calcolo utilizzate per determinare con precisione l’impronta ecologica sono diverse, anche a seconda dell’esigenza. In ogni caso, tuttavia, le fasi principali rimangono le seguenti:
- Individuazione delle categorie di consumo da analizzare: energia elettrica, alimentari, scarti e rifiuti;
- Raccolta e analisi dei dati: in base alla categoria di riferimento, si vanno a raccogliere dei dati significativi a costruire un quadro completo e oggettivo;
- Riconversione dei dati in unità di misura utili al calcolo finale: dall’unità di misura originaria del dato si opererà una conversione verso l’unità dell’impronta ecologica, gli ettari globali;
- Calcolo finale: con i dati raccolti, analizzati e riconvertiti si procederà al calcolo conclusivo che determinerà gli ettari globali totali dell’attività presa in esame e, quindi, la sua ecological footprint.
Perché conoscere la propria impronta ecologica?
In quanto dato oggettivo, calcolato in maniera scientifica, l’impronta ecologica ci dà misura del nostro effettivo sfruttamento del pianeta.
Per renderci davvero conto di questo aspetto, ci basta soffermarci su questo dato: nel 2025, abbiamo usato un quantitativo di risorse pari a oltre 1,7 volte la capacità della Terra di rigenerarle. In pratica, quindi, ci servirebbero quasi due pianeti Terra per soddisfare il nostro utilizzo (e spesso abuso) di risorse.
Si tratta di un aspetto critico, segnalato ogni anno anche dall’Earth Overshoot Day, evento promosso proprio dal Global Footprint Network. Ogni anno viene calcolato il giorno in cui l’umanità manda in sovraccarico il pianeta. Nel 2025 quel giorno è arrivato il 24 luglio, con un anticipo di un mese intero rispetto a soli vent’anni fa. È dal 1970 che sovrasfruttiamo il pianeta, continuando inesorabilmente a peggiorare.
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Come ridurre il nostro impatto sul pianeta?
Conoscere il proprio impatto ambientale è importante, ma in certi ambiti – specie quelli rivolti ai singoli cittadini e consumatori – calcolare una vera e propria impronta ecologica sarebbe troppo complesso.
Per questo, in questi casi si tende a semplificare il calcolo, cercando di analizzare piccoli aspetti per restituire un’idea di massima, che possa comunque dare conto di quanto le nostre azioni incidano sull’ambiente.
Per arrivare a una, seppur approssimativa, stima della nostra impronta ecologica possiamo considerare le nostre abitudini, come ad esempio:
- i consumi annui di energia elettrica;
- la percentuale di energia rinnovabile utilizzata sul totale dei consumi;
- l’utilizzo di mezzi di trasporto autonomi (auto, moto) e il loro impatto;
- le abitudini alimentari (dieta onnivora con presenza consistente di carni rosse, dieta onnivora senza carni rosse, dieta vegetariana, dieta vegana);
- le abitudini di acquisto (online, presso centri commerciali, presso botteghe artigianali, presso esercizi equosolidali, ecc.);
Aspetti come questi aiutano a capire quanto le nostre azioni incidono sulla salute del pianeta e ci danno già delle aree di intervento su cui poterci migliorare.
Una delle azioni più semplici da fare per ridurre la nostra impronta ecologica, per esempio, è iniziare a consumare esclusivamente energia rinnovabile. Azzeriamo il nostro uso di combustibili fossili, perlomeno per quello che riguarda i consumi elettrici.
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