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Come funziona lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici?

Intervista a Marco Tammaro, Responsabile del Laboratorio ENEA Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la…

26/01/2023

Intervista a Marco Tammaro, Responsabile del Laboratorio ENEA Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali.

26/01/2023Il tema dello smaltimento e del riciclo dei pannelli fotovoltaici è senza dubbio il vero punto di contatto tra Comunità energetiche ed economia circolare. Quella che oggi è una grande opportunità per la transizione energetica del nostro Paese deve infatti trasformarsi in una ancor più grande occasione per il trattamento sostenibile del “fine vita” di queste vere e proprie miniere di materiali preziosi e utili per futuri impieghi.

Come funziona lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici?

Per aiutarci nella comprensione delle implicazioni tecniche e normative del riciclo dei pannelli fotovoltaici, abbiamo intervistato l’Ing. Marco Tammaro, Responsabile del Laboratorio ENEA Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali, con il quale abbiamo approfondito l’importanza di questo processo e le sue prospettive future.

In cosa consiste tecnicamente lo smaltimento di pannelli fotovoltaici e perché è così importante?

Un pannello fotovoltaico è un RAEE (Rifiuto di Apparecchiatura Elettrica ed Elettronica) ed è un prodotto solido, compatto e resistente, progettato per durare nel tempo, in condizioni avverse (aria aperta, intemperie…). Essendone aumentata l’installazione nel corso degli anni, adesso ci stiamo lentamente avvicinando allo switch del trend di crescita dei rispettivi rifiuti ed al “problema” della gestione del “fine vita”, ovvero del loro disassemblamento.

Se ci riferiamo a pannelli in silicio cristallino (che ricoprono circa il 90% del mercato attuale), la struttura è composta da diversi strati: vetro, Etilene vinil acetato (EVA), celle fotovoltaiche con i contatti elettrici, un altro strato di EVA, ed il backsheet che è l’ultimo strato nella parte inferiore del pannello costituito da materiale diverso (PVF, PVC,…). Tutta la struttura è poi racchiusa in una cornice di alluminio che ne contiene tutte le componenti.

L’obiettivo principale nello smaltimento è pertanto quello di staccare i diversi strati e cercare di recuperare tutti i materiali che possono trovare nuovi utilizzi, anche a seconda del grado di purezza raggiunto grazie agli ulteriori sistemi di trattamento.

Si tratta di un processo complesso che può essere affrontato schematicamente in diversi modi: da un punto di vista termico (e quindi bruciando l’EVA), che è il collante che tiene insieme i diversi strati. Un processo piuttosto energivoro ed impattante da un punto di vista ambientale), da un punto di vista meccanico (triturando e selezionando fisicamente per separare i componenti).

In entrambi i casi si può far seguire un trattamento chimico per recuperare i metalli presenti, attraverso processi idrometallurgici).

Cosa dice la normativa italiana a riguardo?

Lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici è regolato dal Decreto Legislativo n. 49/2014 (Art. 40) che recepisce la Direttiva europea 19/2012. Sono queste norme ad aver identificato i rifiuti fotovoltaici come RAEE, un aspetto fondamentale che ha permesso di iniziare a trattarli correttamente, stabilendo le percentuali di recupero. 

La normativa prevede l’obbligo di raggiungere almeno l’85% di recupero. Un valore che può essere raggiunto principalmente mediante il recupero del vetro e della cornice in alluminio in quanto i pannelli sono costituiti per il 70% da vetro (che protegge le celle fotovoltaiche) e per il 15% dalla cornice di alluminio. Il restante 15%, quello più leggero, è quello su cui la ricerca si concentra maggiormente poiché è quello che contiene altri metalli importanti, ovvero la parte più preziosa e che ha richiesto un maggior dispendio di energia in fase di produzione. 

La ricerca scientifica è pertanto impegnata in un approccio integrato con cui recuperare il più possibile di un rifiuto, in ottica di Economia Circolare e il nostro Laboratorio di Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione dei Rifiuti e Materiali all’interno di ENEA si è concentrato proprio su questo aspetto.

Quanto costa smaltire i pannelli fotovoltaici?

È difficile dare una risposta a questa domanda. Non mi risulta esista ancora una filiera industriale consolidata dedicata interamente al trattamento dei pannelli fotovoltaici da cui trarre dei dati, anche perché le quantità di rifiuti fotovoltaici non hanno ancora raggiunto dimensioni tali da poter giustificare, da un punto di vista economico, la realizzazione di una filiera dedicata. Ci sono però, negli ultimi anni, diverse aziende specializzate nel riciclo di RAEE che offrono come servizio il trattamento dei pannelli fotovoltaici. Nella maggior parte dei casi si tratta di processi di tipo meccanico (quindi triturazione e vibrovagliatura per separare i componenti) poiché consolidati e applicati anche su altre tipologie di rifiuto. 

Un eventuale metro di valutazione per i costi di trattamento potrebbe essere il fatto che per i pannelli che hanno avuto un’agevolazione fiscale è fissato un contributo per il loro smaltimento pari a: 12 €/pannello per i RAEE fotovoltaici Domestici (derivanti quindi da impianti con potenza inferiore a 10kWp) e 10 €/pannello per i RAEE fotovoltaici Professionali (derivanti da impianti con potenza uguale o superiore a 10 kWp).

Questi valori potrebbero, in prima approssimazione, essere presi come riferimento per definire un “tetto” del costo dello smaltimento di un pannello fotovoltaico. Ricordo che dal 2014 vige il principio della Responsabilità Estesa del Produttore, che si fa carico dello smaltimento attraverso il sistema dei Consorzi autorizzati.

Quale livello di recupero e di riutilizzo all’interno della filiera si riesce a raggiungere?

La produzione di pannelli fotovoltaici richiede dei gradi di purezza molto elevati e requisiti particolari di diversi componenti quali ad esempio il silicio ed il vetro. Siccome i pannelli hanno una vita media di 20/30 anni, il riutilizzo “tal quale”, dopo questo lasso di tempo, appare un’ipotesi non percorribile in quanto i processi produttivi e i rispettivi prodotti nel frattempo si sono altamente evoluti. Infine, la competitività dei processi di recupero rispetto all’estrazione e lavorazione dei materiali “vergini”, risente di diversi fattori difficilmente gestibili (variazione del mercato delle materie prima, costi di energia, etc).

Chiaramente poter utilizzare un materiale recuperato avrebbe moltissime ricadute positive in termini ambientali e di emissioni evitate di CO2. Per questo motivo, la Ricerca si muove con forza in questa direzione anche se, appare chiaro che per spingere il mercato in determinate direzioni occorrerebbe mettere in campo strumenti incentivanti.

Esistono molte idee innovative legate al riciclo dei pannelli. Una di queste è di sua invenzione ed è stata brevettata da ENEA. Ce la può descrivere?

Siamo alla vigilia di un cambiamento che porterà la presenza di una quantità sempre maggiore di rifiuti fotovoltaici. Questo dovrà necessariamente tradursi in un impegno di tipo industriale. 

ENEA si muove nel campo di riciclo dei pannelli fotovoltaici dal 2009 e partendo da tutte le esperienze maturate, abbiamo sviluppato un brevetto che per il 50% è di proprietà di ENEA (e di questa parte sono l’inventore) e per l’altro 50% è di proprietà dell’azienda Beta-Tech Srl.

Si tratta di un processo che io definisco “termico light” perché il nostro obiettivo è quello di distruggere il meno possibile e recuperare il più possibile, anche l’EVA ed il backsheet. Con questo brevetto puntiamo infatti a recuperare il 100% dei componenti principali dei pannelli e a farlo con bassi consumi energetici perché si utilizzano temperature inferiori a 100 gradi (aspetto interessante anche da un punto di vista normativo perché gli stessi iter autorizzativi sono più semplici per processi di trasformazione a basse temperature) e con scarse emissioni gassose. Tutti questi aspetti si traducono anche in una maggiore semplicità degli impianti per lo smaltimento e questo è un grande punto di forza del nostro brevetto.

In questo momento, grazie ad una serie di finanziamenti pubblici, stiamo realizzando il prototipo del nostro brevetto per testare e capire se è implementabile da un punto di vista industriale. Si tratta di un processo che si presta molto all’automatizzazione e quindi potenzialmente poco costoso da un punto di vista gestionale.

L’obiettivo del nostro Dipartimento rimane comunque quello di un approccio integrato capace di trasformare un rifiuto in una risorsa, riducendo al minimo il conferimento in discarica e di recuperare la maggior parte dei materiali, con un importante vantaggio per la filiera e per l’ambiente.

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