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Bioplastica dai rifiuti della frutta

Gli scarti di mele e arance si trasformano in bicchieri e posate: ecco la ricetta svedese per la…

04/04/2019
Gli scarti di mele e arance si trasformano in bicchieri e posate: ecco la ricetta svedese per la sostenibilità.

04/04/2019
Per trovare un giusto compromesso tra sostenibilità ed efficienza, il mondo del packaging sta esplorando materiali alternativi e a basso impatto ambientale. Un nuovo studio dell’Università di Borås, in Svezia, dedicato alla produzione di bioplastica dai rifiuti di frutta, ha dimostrato che anche gli articoli usa e getta possono essere ecocompatibili.

La ricerca, alla cui base c’è un’approfondita indagine sulle potenzialità dei rifiuti alimentari, rientra fra i tanti progetti nati negli ultimi anni per trovare un sostituto ecologico e funzionale alla plastica tradizionale, che purtroppo continua ad offrire vantaggi innegabili di leggerezza e resistenza.

Gli scarti di mele e arance contengono molta acqua e materia organica e, se buttati in discarica, rilasciano grandi quantità di metano. Sono anche difficili da bruciare a causa della percentuale acquosa e non funzionano bene come alimenti animali a causa degli alti livelli di zucchero e del basso Ph. Per questo motivo ci si è concentrati molto sul loro riutilizzo e reimpiego attraverso due differenti metodologie di produzione della bioplastica.

  • La prima consiste in una soluzione di polimero che viene letteralmente colata in uno strato sottile su un nastro che scorre in un forno. Il film risultante potrebbe essere utilizzato per confezionare gli alimenti o diventare un sacchetto per l’umido domestico.
  • Con il secondo metodo invece, sono stati creati bicchieri e posate dalla massa residua organica attraverso lo stampaggio a compressione: una volta utilizzate, le stoviglie possono essere trasformate in compost o addirittura mangiate.

Ovviamente ci sono ancora alcuni problemi da risolvere, a partire dalla alta solubilità in acqua, ma i ricercatori sono fiduciosi che questo tipo di bioplastica possa essere commercialmente valido entro dieci anni.

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